Chi sono i chapuller

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Chi sono i çapulcu

 

capulcu istanbul pacini22 luglio 2013

 

In molti mi chiedono perché mi sono schierata con i famosi çapulcu.

Per chi mi conosce, non è difficile immaginare i motivi. Sono sempre stata dalla parte dei ribelli, dalla parte di quelli che combattono per un mondo migliore. Perché sono una sognatrice anche io. Una romantica, probabilmente. Una che non smetterà mai di pensare che bisogna battersi per le idee.

Difendo la rivolta di Gezi  Park perché l’ho vissuta sulla pelle, più volte. Ho parlato con i miei amici coinvolti, e con quelli che invece difendono Erdoğan. Si cerca sempre di capire tutte le sfaccettature della realtà, vagliando le ipotesi, cercando i bianchi e i neri, capovolgendoli, invertendoli.

Ma davanti alla ferocia della polizia, il nero diventa ancora più nero. E’ l’oscurità di chi usa la forza bruta contro una popolazione che si ribella in modo pacifico.

E che a volte usa perfino l’ironia. Ho letto scritte, in turco, che il cuore gentile di un amico ha tradotto per me.

Alcune riassumono perfettamente lo spirito di questa rivolta. “Lo spray al peperoncino rende la tua pelle più bella”. Ecco, rispondere con lo scherzo alla violenza. Un segno di grande civiltà.

Non si tirano pietre, qui, e non si incendiano auto e negozi.

Si resiste, in modo dignitoso, consapevole. E straordinariamente forte.

C’è un’energia, in questa Istanbul che vuole cambiare, capace di entrarti addosso e non lasciarti mai più.

La senti perfino mentre fuggi dai cannoni ad acqua e dai gas lacrimogeni. Ci si aiuta, si è complici, solidali.

Come sono  ridicoli, i poliziotti, quando entrano nelle vie laterali di istiklal a cercare, con i loro squadroni, i çapulcu. Perché i çapulcu non sono terroristi armati con il viso nascosto. I çapulcu sono i negozianti, i clienti seduti ai bar, gli avventori.  I çapulcu sono gli uomini e le donne che camminano passeggiando nella folla.

I çapulcu sono io, sei tu, siamo tutti noi.

Devono arrestarci tutti, abbatterci tutti, bruciare i nostri libri, piegare le nostre idee che, come diceva Falcone, uno dei nostri, pochi, veri eroi, continueranno comunque a camminare sulle gambe degli altri.

I çapulcu sono i cittadini che si sono svegliati, quelli che non vogliono un capitalismo mascherato da Islam che imponga loro le cose. Non bisogna cercarli nei loro rifugi, ci camminano accanto, ogni giorno.

Stanno cercando di dare un senso profondo alla loro rivoluzione.

Quando  i poliziotti li cercano, sorrido quasi. Sono nascosti fra noi, perché siamo noi.

Noi che poco prima fuggivamo dal gas, e che torneremo a fuggire domani. Ma che leggiamo, ci informiamo, cerchiamo di usare le parole e non i muscoli, come loro, come i poliziotti.

I çapulcu hanno un’anima diversa l’una dall’altra e nelle loro differenze riconoscono la bellezza della diversità.

I çapulcu sognano un domani migliore. Un domani in cui si sia libertà di parola, in cui la stampa possa scrivere quello che vuole, in cui i gay possano camminare accanto ai religiosi senza sentirsi emarginati, in cui non ci siano imposizioni ma decisioni corali, in cui la polizia torni a fare il suo lavoro senza massacrare, arrestare innocenti, lanciare gas su mezza città solo perché qualcuno la pensa diversamente

Li ho visti, i çapulcu. E mi sono sentita una di loro.