Nazim Hikmet

 Forse la mia ultima lettera a mio figlio Mehmet

hikmet

Da una parte
gli aguzzini
ci separano come un muro
dall’altra
questo cuore sciagurato
che mi ha fatto un brutto scherzo

mio piccolo Mehmet
forse il destino
non mi concederà di rivederti.
Sarai già un ragazzo
biondo, snello, alto di statura
tale e quale una spiga di grano
come una volta lo sono stato anch’io;
i tuoi occhi infiniti, come quelli di tua madre
quello strascico amaro di tristezza
che alle volte li assale,
quella tua fronte chiara e senza fine
e quella bella voce
-in confronto la mia era davvero atroce-
Le canzoni che intonerai
spezzeranno i cuori,
sarai anche un brillante oratore
-in questo me la cavavo pure io,
quando ancora la gente non mi dava sui nervi-
dalle tue labbra colerà copioso il miele.
Ah, mio piccolo Mehmet
quanti cuori ruberai!

E’ difficile allevare un figlio senza padre
non rendere più duro il compito a tua madre
io di gioia non gliene ho potuta dare
dagliene tu per me, ti prego.

Tua madre
forte come la seta
tua madre
che sarà bella anche all’età delle nonne
come il primo giorno in cui la vidi
quando aveva diciassette anni
sulla riva del Bosforo…..

Non ho paura di morire, figlio mio;
però malgrado tutto
a volte quando lavoro
trasalisco di colpo
oppure nella solitudine del dormiveglia
contare i giorni è difficile
non ci si può saziare del mondo
Mehmet
non ci si può saziare.

Non vivere su questa terra
come un inquilino
oppure come un turista
nella natura
vivi in questo mondo
come se fosse la casa di tuo padre
credi al grano al mare alla terra
ma soprattutto all’uomo.

Senti la tristezza
del ramo che si secca
del pianeta che soffre
dell’animale infermo
ma senti innanzitutto
la tristezza dell’uomo.

Che tutti i beni terrestri
ti diano gioia
che ti dia gioia l’ombra
e anche il chiaro di luna
che le quattro stagioni
ti diano gioia
ma che soprattutto la gioia dell’uomo
ti dia gioia.

E’ un bel paese, la Turchia
tra tutti i paesi della terra
i suoi uomini
sono di buona lega
sono lavoratori
pensosi e risoluti
e atrocemente miserabili.

Si è sofferto
e si soffre ancora
ma il futuro sarà senz’altro luminoso.

Lo costruirai tu stesso
insieme al nostro popolo
lo vedrai coi tuoi occhi
riuscirai a carezzarlo con le mani.

Mehmet, forse morirò
lontano dalla mia lingua
dalle mie canzoni
lontano dal mio sale e dal mio pane
con la nostalgia di tua madre e di te
del mio popolo e dei miei compagni
ma non in esilio
non in terra straniera
morirò nel paese dei miei sogni
nella bianca città dei miei giorni più belli.

Me ne vado
ma sono calmo
la vita che si disperde in me
si ritroverà in te
per lungo tempo
e nel mio popolo per sempre.

Nazim Hikmet Salonicco 1902- Mosca 1963