RACCONTI DA TANGERI - CAP SPARTEL

 

C’è un punto in cui il mare Mediterraneo e l’Oceano Atlantico si incontrano, in cui uno scivola fra le braccia dell’altro. E in questo luogo due terre si scrutano.

La Spagna e l’Africa si bagnano nelle acque mosse dai venti e li riposano, private del peso delle frontiere. Liberate dalla gravità, si guardano senza invidia, senza ostilità. Colonialisti e colonizzati. Due universi distanti che il mare avvicina trasportando contaminazioni che viaggiano sui sapori del cibo, sulla geometria delle architetture, sulla musica che dall’Andalusia all’ Africa distende le note arabe sui suoni della terra africana. Ed è’ magia. Non più maRe, non più oceano. Non più Africa, non più Spagna. Cosa resta? Resta il mistero del luogo di mezzo.

Lo stesso che abita gli spazi bianchi fra le parole.

I giorni dell'ocra e del blu - Diario di un viaggio in Marocco

 

Di solito, quando viaggio, scrivo subito, appena rientrata. Stavolta non ce l'ho fatta.Non ce l'ho fatta perché è difficile, perché le parole non riescono a dire, non riescono a contenere la scintillante meraviglia di quei colori, quei suoni, quegli odori. Ancora oggi, dopo mesi, le immagini faticano ad arrivare sulla punta dei pensieri per essere catturate, tradotte, traslocate nei confini della materia parlata e pensata. E ti rendi conto del limite. Le parole non ti portano sempre dove vuoi. A volte ti lasciano a piedi, come una macchina vecchia.

E io, io sono rimasta qui, in mezzo alla strada, a corto di vocaboli, consonanti e punti. Provo a fare l'autostop. Oppure mi fermo sul ciglio, con i pensieri arruffati, e ci provo.

E penso  che, alla fine,  a volte è bello non riuscire a raccontare.

Ci sono luoghi in cui, davvero, a parlare è solo la solenne, magnifica voce del posto. Ed è una voce che viaggia sul vento, che si appoggia sui raggi del sole e li canta, uno a uno, che si infila in una finestra aperta, di  notte, per guardare chi dorme.

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L’altrove, qui

Come ben sapete, ho viaggiato molto. Il che mi ha permesso di comprovare l’affermazione che il viaggio è più o meno illusorio, che non c’è nulla di nuovo sotto il sole, che tutto è una sola cosa e sempre la stessa, eccetera, ma anche, paradossalmente, che è infondata la sfiducia di trovare sorprese e cose nuove: in realtà il mondo è inesauribile”.

(Jorge Luis Borges)

Il sogno di un viaggio in Africa. Tre ragazzi in fuga da un quotidiano deprimente che all’improvviso smettono di raccontarselo, di chiacchierarlo quasi come fosse un alibi per la posticipazione, un appuntamento indefinito nel territorio della chimera, trasformandolo invece in azione concreta, l’unica azione possibile: la partenza. Li abbiamo visti al cinema, nell’ Ultimo bacio di Gabriele Muccino (film peraltro banale), ma li sentiamo parlare la sera, magari in un pub, durante una spruzzata di birra fra amici; in mezzo ai lamenti sulle miserie quotidiane c’è chi predica geografie più anarchiche e ardite, legate a civiltà remote.

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La luce bianca

Questi giorni rifletto, con malinconia, sul significato di questa avventura.

Vedo tensioni, dissapori, pensieri diversi, il mio compreso. Non ci accorge che si stanno perdendo dei pezzi, e si pensa magari a sostituirli con altri invece di fermarsi un attimo a capire cosa realmente sta succedendo.

Invece di capire se siamo maturi o meno.

Più rifletto più penso che il male peggiore che Grillo ha fatto non è stato tanto nell'aver dato vita a un duo dittatoriale, ma nell'aver alimentanto il qualunquismo e il populismo in un paese già fatto di capre, come la storia ha spesso dimostrato,

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