Istanbul e gli scrittori: Virginia Woolf a Costantinopoli II

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Il terzo o il quarto giorno giorno è bene mancare a tutti gli obblighi, in modo da potersi perdere nei bassifondi sconosciuti. Qui anche uno straniero e un turista possono imbattersi in luoghi che non sanno nemmeno di esistere; e poi per la prima volta Costantinopoli diventa una vera città in carne e ossa.

Abbiamo seguito molto attentamente quella parte del programma che consiste nel perdersi; e abbiamo avuto il piacere di percorrere strade che non portavano da nessuna parte, solo perché ci è capitato di trovarci sul loro cammino. Ora, nei sobborghi di ostantinopoli scorre ancora viva gran parte dell'Oriente Meravuglioso; c'era una vite legata da un lato all'altro della strada in cui si riversava una variegata fiumana di fez rossi, turbanti, yashmak e riispettabilità europea, come turbolente acque delle Higlands.

Volevamo trovare un Bazar, o meglio in Grande Bazar, e a suo tempo, dopo esserci mescolati a tutta questa vita indaffarata e allegra, abiamo trovato rifugio in un alveare di piccoli negozi, costruito sotto un unico tetto e sudiviso in strade e vicoli alla maniera di una città fatta di case.

Per comprare, è necessario avere a disposizione un tempo infinito, e un'infinta doppiezza.

Le sete erano un disastro, orribili, in Inghilterra si potrebbero comprare a metà prezzo, eppure restava il fatto, spiegalo come vuoi, che volevamo comprare, ed eravamo genersomante disposti a pagare la somma di 4 piastre per un puntiglio.

Il signore aveva sentito bene? C'era qualcuno che avrebbe potuto fare seriamente un'offerta simile? In albergo c'erano delle signore che volevano comprare, ma un prezzo simile le avrebbe sbalordite. Qualcosa del genere è stato tradottoin francese, e poi in turco, e a intervalli di 15 minuti il prezzo veniva abbassato di una piastra; finché il processo di riduzione non ha più potuto essere portato avanti senza intaccare quei due soldi di profitto che rimanevano, e senza farci arrivare ancora più in ritardo per il tè. Ma ho pocho dubbi sul fatto che il negoziante avesse ragione a sorridere sopra la sigaretta paffuta.

(fine parte II)

 

Istanbul e gli scrittori: Galata raccontata da De Amicis

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Se non si vedessero per le strade dei turbanti e dei fez, non parrebbe d'essere in Oriente. Da tutet le parti si sente parlare francese, italiano e genovese. Qui i Genovesi sono quasi in casa propria, e si danno ancora un'aria un po' da padroni, come quando chiudevano il porto a loro piacimento, e rispondevano con il cannone alle minacce degli Imperatori. Ma della loro possenza non rimangono più altri monumenti che alcune vecchie case sostenute da grossi pilastri e da arcate pesanti, e l'antico edificio dove risiedeva il Podestà.

La Galata antica à quasi interamente sparita. Migliaia di casupole sono state rase al suolo per ar luogo a due lunghe strade: una delle quali rimonta la collina verso Pera, e l'altra corre parallela alla riva del mare da un'estemità all'altra di Galata.

Per questa c'inoltrammo il mio amico e io, rifugiandoci ogni momento nelle botteghe per lasciar passare grandi omnibus, preceduti da turchi scamiciati che sgombrano la strada a colpi di verga.

A ogni passo ci suonava all'orecchio un grido. Il facchino turco urlava: Sacun ba! (Largo!), il saccà armeno, portatore d'acqua, Varme su! l'acquaiolo greco: Crio nero! l'asinaio turco: Burada! il venditoredi dolci: Scerbet! il venditore di giornali :Neologos! il carrozziere franco: Guarda! Guarda! Dopo dieci minuti di cammino, eravamo assordati.

 

Istanbul e gli scrittori - Pierre Loti

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"E poi, all'improvviso, come accostiamo a terra, ci arriva un odore penetrante, speciale, squisito ai miei sensi - un odore un tempo così noto e da tanto dimenticato, l'odre della terra turca, che viene dalle piante o dagli uomini, non so, ma che non è cambiato e che in un istante mi riporta tutto un mondo di sensazioni di un tempo.

Allora,bruscamente,si riproduce nella mia esistenza come un buco di cinque anni, uno sporfondare di tutto quanto è trascorso da quel giorno d'angoscia in cui ho lasciato Stamul, e mi ritrovo completamente in Turchia prima ancora di averci messo piede, come se una certa mia anima, che non se n'era mai andata, venisse a riprendere possesso del mio corpo errante e irresponsabile"

 

(Pierre Loti, Un odore così noto e a tanto dimenticato, 1876-1887)