Pudore, rispetto, dignità
Pudore, rispetto, dignità. Dobbiamo batterci per recuperare queste parole che, da noi, sono state svuotate di significato. Stanno bene insieme, si legano perfettamente. Ragioniamoci. In una società di cose esibite in piazza, mercificate, in cui perfno i sentimenti diventano consumo invadente, il pudore retrocede, scompare, si rintana in un cantuccio dell'anima. E le tante battaglie, anche femminili, per la diginità, una volta raggiunte sono rotolate via nello sfacelo di un modernissimo tempo in cui volano insulti, prepotenze, modi di fare da camionista, disprezzo per l'altro e competizione. Pudore, rispetto, dignità. Lo pretendiamo, ma siamo in primi a lamentare questa assenza. Coprirsi, non tanto con un velo, come una donna islamica, ma come ritrovato senso del non eccesso, della voglia di tenere l'ego al guinzaglio che freme e abbaia percné tutti sappiano tutto di noi, resituisce uno spazio privato, una "stanza tutta per sè" che abbiamo invece trasformato in un dormitorio comune, oggi.
Istanbul
Istanbul è un mosaico, il più bello dei mosaici possibili.
Difficile consigliare luoghi perché per ognuno è bello smarrirsi, e trovare da solo i propri luoghi.
Non sono gli stessi per tutti noi, mai.
C’è chi ama la vita globalizzata di Taksim, con le sue noti folli, piene di musica e birra, e chi invece si dondola nelle acque del Bosforo a bordo di un traghetto.
Altri invece si perdono nella parte asiatica, fra moschee e donne con il velo.
Per questo Istanbul è un viaggio nel viaggio, per la sua capacità di aprirsi su mondi diversi, vicini e allo stesso tempo distanti.
Il consiglio di viaggio migliore è quello di lasciarsi portare dal vento.
E’ il più grande conoscitore di segreti, il vento.
Lui sa di cosa abbiamo bisogno. E il vento di Istanbul è davvero un vento particolare.
Il vero viaggio
Un vero viaggio è sempre un'apertura verso il dubbio, verso ciò che non conosciamo. Non è mai la conferma di ciò che sappiamo.
La bambina dei fiori rossi
24 giugno 2013
No, non erano tulipani. Erano fiori rossi. E lei li offriva ai passanti. Lei, la bimba con gli occhi grandi che ingoiavano il mondo. Me la ricordo, nei giorni di Gezi Park. La penso spesso. Penso al suo sorriso bello, ai suoi modi piccini e graziosi, ai fiori staccati con delicatezza dal gambo e regalati ai passanti.
E' rimasta uno dei simboli, per me, di quei giorni. Così piccola, ancora ignara del dolore dei grandi, ancora salva da quelle innocenze perdute che tratteniamo, dentro, come un rimpianto.
Sorrideva, e offriva fiori, mentre intorno la fiamma della rivolta incendiava uomini e donne, anziani, ragazzi.
Lei stava lì, sul prato. Non sapeva che da un momento all'altro sarebbe potuta arrivare la polizia. E allora sarebbero stati massacri, feriti, gas, getti d'acqua urticanti.
Quel giorno la polizia non arrivò. E lei fu salva.
Ma non so che ne è stato di lei.
Ricordo il suo sorrisone meraviglioso. Spero che stia bene. E che le sue manine di bimba continuino a regalare fiori e speranze.
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