Presentazione de La mia istanbul
L'11 Aprile, a Roma.
Da Gezi Park alle elezioni, si raccontano Istanbul e la Turchia.
Turchia: Erdogan contro Twitter
C’erano una volta degli uccellini che volavano liberi in cielo. Saltellavano da un albero all’altro, viravano verso le nuvole, parlottavano tra loro, socializzavano. Si scambiavano informazioni. Ma gli uccellini, quando sono troppo agili e indisciplinati, diventano pericolosi. Perché sanno fare rete (appunto) e librarsi in volo, tutti insieme, disegnando le geometrie più incredibili.
Ed è così che il potere, in Turchia, ha tagliato le ali agli uccellini di Twitter. Erdoğan lo ha fatto, alla fine. Ha bloccato twitter. Lo ha fatto stanotte, davanti a una Turchia allibita, stralunata. E una comunità internazionale preoccupata. Lo ha fatto ricorrendo alle recenti leggi approvate, quelle che a febbraio hanno chiamato in piazza i cittadini.
E lo ha fatto perché, alla vigilia di elezioni che si presentano decisive, non vuole rumori intorno. E fanno troppo rumore, quei cinguettii che dai giorni di Gezi Park attraversano il paese, lo informano, postano video, fotografie, dirette live di ogni protesta, commentano le malefatte del governo, lo prendono in giro, concordano raduni, permettono al mondo intero di sapere cosa succede.
L’hashtag è diventato un incubo che turba i sonni di Erdoğan . #DirenGeziParkı, #Turkey, #Taksim, #Istanbul….e tanti, tantissimi altri, a volte creati ad hoc per argomenti particolari. Ma, soprattutto, ci sono video e registrazioni “pericolose” che mostrano le prove del coinvolgimento di Erdoğan negli ultimi scandali di corruzione che hanno travolto il paese (e il partito di maggiornaza, l'Akp, soprattutto). E nuove prove potrebbero “sfuggire” dalle mani sicure del governo e svolazzare qua e là.
“Twitter è una minaccia per la sicurezza”, ha affermato il premier. Sì. La sua. Già dai tempi di Gezi tuonava contro questo aggeggio infernale che ha il potere di informare le persone aggirando le potenti pressioni sui media. “Sradicheremo twitter. Me ne frego di quello che potrà dire la comunità internazionale” ha detto Erdoğan (come riporta anche l'Hurryiet Daily News) durante un comizio elettorale a Bursa. Detto, fatto. Nella notte l’autorità delle telecomunicazioni ha bloccato l’accesso a twitter, grazie alla nuova “legge bavaglio” che le conferisce poteri straordinari. La stessa autorità ha spiegato che la piattaforma di microblogging è stata bloccata su volere del tribunale, dopo le denunce di alcuni cittadini per aperta violazione della privacy. Una "copertura" traballante, a tratti ridicola. Del resto lo stesso presidente della Repubblica Abdullah Gul, che ha definito “inaccettabile” la chiusura “delle piattaforme dei social media”.
E così, tra polemiche e proteste, stamattina la Turchia si è svegliata senza cinguettii. 10 milioni di utilizzatori non hanno accesso al sito.
Un fatto senza precedenti, che sta indignando i cittadini turchi e la comunità internazionale. Si stanno già studiando sistemi per aggirare il blocco, mentre per ora non rimane, ufficialmente, che usare il sistema di messaggi delle reti cellulari. Tuttavia, il popolo di twitter non è facile da abbattere, e ci sono già i mezzi, sembra, per continuare con modi alternativi.
Nel frattempo, il mondo si interroga. Dov’è finita la Turchia che chiedeva di entrare in Europa? Quella che vantava una democrazia?
Con questa mossa, Erdoğan sembra dare ragione a tutti i suoi detrattori che lo insultano definendolo “sultano”, “fascista” e “dittatore”.
In queste ore su facebook si condividono vignette, battute sarcastiche, video. Un disegno mostra l’uccellino di Twitter con tanto di baffetti e ciuffetto alla Hitler, mentre alle sue spalle campeggia la scritta “Twitler”. Lo sappiamo, il popolo della “resistenza” fin dai tempi di Gezi usa le armi dell’ironia. Ma è arrabbiato, terribilmente arrabbiato. I commenti si scatenano, si pianificano nuovi raduni (Erdoğan sa benissimo che con questo gioco sta di nuovo trascinando la gente in piazza, e lo sta usando a suo uso e consumo. La sua è una strategia di alta tensione.)
Non saranno facili, i prossimi giorni.
L’uso dei social è ormai entrato nella vita di tutti, e il divieto viene vissuto come una vera e propria minaccia alla libertà di espressione. Di fatto, lo è. Non si possono eliminare le voci della dissidenza che non rappresentano soltanto l’opposizione, bensì il gioco, il divertimento, lo scambio, l’informazione. Sono le reti che oggi connettono i cittadini di tutto il mondo. Erdoğan non toglie twitter alla Turchia soltanto, lo toglie alla comunità internazionale.
I turchi, come tutti i cittadini del pianeta, hanno oggi relazioni globali, condividono in rete tutto quello che vogliono valicando ogni confine geografico. E’ questa la magia della connessione, la meraviglia del web. Queste voci, queste interazioni che sono linfa vitale per la comunità, ogni comunità, non possono essere minacciate dalla prepotenza di un governo che ha paura di perdere poteri e poltrone, che teme si scopra la sua corruzione.
In più, Erdoğan non sta rendendo un buon servizio all’Islam di cui dice di essere così devoto, consegnandolo ai suoi detrattori con l’ennesima prova di un sistema retrivo, coercitivo, repressivo, nemico delle libertà e del progresso. Mentre il mondo, turbato, osserva la virata “dittatoriale” della Turchia, i cittadini si sfogano su Facebook, scampato, per ora, alla censura. Quale sarà la prossima mossa?
Istanbul, Gezi Park: La resistenza di Sevim
Sevim mi viene incontro. Sorride. Mi prende subito sottobraccio, con un gesto affettuoso, mentre imbocchiamo Istiklal Caddesi, dirette verso un caffè. Non ci siamo mai viste prima. Ma ci siamo riconosciute subito.
Lei ha un sorriso largo che le accende tutta la faccia. Lo stesso sorriso che sul suo profilo facebook regala agli amici attraverso una serie di foto che alterna a una quotidiana informazione, in inglese, sulle proteste di Istanbul. Agguerrita, ribelle, Sevim non si nasconde, non ha paura. Infatti decide di metterci la faccia, in questa intervista, e di non ricorrere a nomi di fantasia. Ammiro il coraggio di questa giovane insegnante che sogna un mondo migliore.
Sei un’attivista. Come è iniziata la tua “resistenza”?
Come democratica, e socialista, ho realizzato che le cose cambiavano negli anni, nella mia nazione. All’inizio delle proteste di Gezi ero all’estero, ma guardavo cosa accadeva. Appena tornata a Istanbul, il giorno dopo il mio arrivo sono andata a Gezi Park per supportare pacificamente la protesta, mi sono unita ai gruppi. Avevamo tende, chitarre, libri, e discutevamo di spazi pubblici e del verde rimasto. Volevano distruggere quegli alberi vecchi per costruire un mall, dopo che il governo stava già distruggendo molti spazi verdi in tutta la Turchia. Non hanno a cuore il futuro ambientale del paese.
Memorie, eventi, episodi che ti hanno cambiato…
La resistenza è iniziata in modo pacifico, finché i poliziotti non hanno bruciato le tende! Hanno attaccato con gas e spray al peperoncino. Il 31 maggio, l’1 e il 2 giugno ci sono state battaglie così dure...molti feriti, molti arresti. Ci hanno cacciato dal parco in modo così brutale. Ho visto molti feriti durante la lotta. Anche io sono stata ferita più volte. Ci siamo contesi Gezi Park, con la polizia. In quel parco ho vissuto i giorni più belli ella mia vita. Sono socialista e abbiamo davvero condiviso molte cose: in quel parco le abbiamo messe in comune. Abbiamo condiviso il nostro denaro, il cibo e l’amore. C’era una grande solidarietà. Quando la polizia non attaccava cantavamo, danzavamo, cucinavamo… giorni incredibili che non scorderò mai.
La polizia turca. Come agisce durante una protesta?
Attaccano duramente, con il gas al peperoncino, i cannoni ad acqua. Una ragazza è stata ferita alla testa con un proiettile di gomma. La polizia è sempre stata brutale, ma dopo Gezi ha perso il controllo. Il governo la lodava, la sosteneva, ordinava di attaccare ancora più duramente. Erdoğan stesso ha detto di aver dato ordini alla polizia in questa direzione. Ma noi vogliamo vincere questa lotta per la libertà!
Che accade ora, in Turchia?
La lotta prosegue! Non come a giugno, ma la gente non si arrende, non si arrenderà mai. Il governo cerca di spaventarci con le sue leggi. Si viene arrestati così facilmente…La polizia attacca. Usa sostanze chimiche. Dovremmo organizzarci meglio. Molti si uniscono alla protesta ma poi arrivano i cannoni ad acqua, i proiettili di gomma. La polizia blocca ogni accesso alle aree della protesta…La gente lotta per i diritti. Le strade appartengono a noi. Sono diventate le nostre aree di lotta.
Il web e la censura. Hai preso parte alle proteste.
Sì, la censura è davvero pericolosa per noi perché durante la resistenza abbiamo usato i social media per comunicare fra noi. Dato che il governo nasconde le notizie, gli attivisti si comportano da giornalisti. La gente lotta per i propri diritti ma allo stesso tempo mostra la mondo che accade. Dopo lo scandalo della corruzione il governo ha iniziato ad avere ancora più paura. Nasconde tutto con la censura. Erdoğan dice che chi non vuole le leggi anticensura guarda i video porno sul web…. l’8 febbraio c’è stata una grande protesta perché la gente è stanca della censura. Non vogliamo che limitino la nostra libertà. Se non reagiamo, faranno quello che vogliono: ancora più facilmente. Ogni volta che c’è una protesta usa subito gli idranti che lanciano acqua mescolata a una sostanza chimica e gas lacrimogeni. E i proiettili di gomma. Così spezzano la rivolta. Noi facciamo quello che possiamo. Non possiamo usare maschere antigas perchè se la polizia ci ferma ci arresta. E non è facile contrastare armi chimiche senza maschere antigas…
Non hai paura che ti prendano? Rischi il tuo lavoro per un’idea…
No, non ho mai paura! Con la paura, non c’è vittoria! Non posso vincere. Il rischio di perdita di lavoro è nulla rispetto al rischio di perdere la vita. In una società ingiusta, corriamo sempre questo rischio. Alcuni hanno perso il lavoro perché hanno partecipato alla protesta. Io correrò sempre questo rischio, non mi importa.
Usi facebook per diffondere le tue idee contro il governo. Ma che succede se controllano il tuo profilo?
Beh se lo controllano mi arrestano…Lo hanno fatto anche con altri. Ora hanno in mano tutte le informazioni, e faranno ciò ch vogliono. Alcuni ora sono spaventati e non parlano più di governo e proteste. Ma io voglio lottare per la libertà.
Cosa pensi della democrazia turca?
Se sei contro il governo, non c’è giustizia per te. Se combatti per I tuoi diritti puoi ritrovarti in prigione. Dov’è la democrazia? I tribunal dovrebbero essere liberi e invece sono sotto il controllo del governo.
Pensi che le cose cambieranno?
Penso che siano già cambiate. La gente è cambiata. La gente ha imparato a lottare contro l’ingiustizia. Ha imparato la resistenza, la solidarietà. Questo è molto importante. I cittadini non staranno in silenzio. Lotteranno per i loro diritti. Con la solidarietà, vinceremo.
Quando ci salutiamo, Sevim si allontana nella folla del sabato pomeriggio. La seguo con lo sguardo finché non scompare. Un piccolo puntino nero, pieno di speranza, inghiottito dalla ressa di persone che attraversano Istiklal Caddesi con le loro buste dello shopping e i caffè Starbucks. Ma di notte Istiklal, da un momento all’altro, si trasforma nella strada della lotta, della protesta, mentre la movida lascia spazio ai gas lacrimogeni. E Sevim, sicuramente, ogni volta, si trova qui.
La Turchia fra piazze scontri e Tangentopoli
L'intervista radiofonica rilasciata a Radio Onda d'Urto:
Dopo i cortei dei giorni scorsi, con due milioni di persone – secondo i media indipendenti della Turchia– in piazza contro la violenza poliziesca del premier Erdogan, per iniziativa di tutti i partiti d’opposizione il parlamento della Turchia terrà una seduta straordinaria il 19 marzo per “prendere conoscenza delle richieste di autorizzazione a procedere presentate dai magistrati anti-corruzione contro quattro ex ministri del governo Akp”.
I pm responsabili delle indagini che il 17 dicembre hanno portato all’esplosione della “tangentopoli del Bosforo”, poi rimossi per decisione del governo, hanno chiesto la revoca delle immunità degli allora ministri dell’economia, degli interni, dell’ambiente e degli affari europei, accusati di avere ricevuto tangenti.
Intanto Erdogan torna a provocare: il premier ha invitato in un comizio i suoi sostenitori a boicottare i negozi di proprietà dell’imprenditore Cem Boyner, che nei giorni scorsi aveva chiesto al suo personale di accogliere i manifestanti che commemoravano il 15enne Berkin Elvan, simbolo della repressione di Gezi Park, morto martedi dopo nove mesi di coma. Non solo: Erdogan ha accusato Berkin di essere stato membro di un “gruppo terrorista”.
Intanto è salito a due il bilancio dei morti dei cortei di questa settimana, segno della mano pesante decisa dall’Akp, alla vigilia di un fondamentale turno amministrativo, quello del 30 marzo, in cui il sultano di Istanbul si gioca tanto, se non tutto.
Ne abbiamo parlato con Francesca Pacini, autrice di “La mia Istanbul” e “Ritorno a Gezi Park” oltre che collaboratrice di osservatorioiraq.it.
http://www.radiondadurto.org/2014/03/14/turchia-erdogan-tra-piazze-insorgenti-tangentopoli-ed-amministrative/
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