Questa non è la mia Istanbul
Mi sono innamorata di Istanbul dodici anni fa. Da quel momento non l’ho lasciata andare mai più. Ho due “polmoni” che mi danno ossigeno, uno è il deserto del Sahara, l’altro è Istanbul. Uno è la terra della mia anima, l'altra è la città del mio cuore. Ma in questa città rischio di non venire più. Ẻ passata una legge folle che prevede la cattura dei 4 milioni di randagi che popolano la Turchia, e la soppressione di quelli ritenuti aggressivi o malati. Ritenuti pericolosi da chi? Da municipi compiacenti? Da veterinari stanchi? Da cittadini infastiditi? Troppa arbitrarietà, troppa vaghezza.
Ritorni
Sono felice. Ogni volta l’energia di Istanbul mi porta su.
Mi accorgo che cammino sorridendo. Sempre. Lo faccio ogni volta. Sorrido alla vita, a tutte le me stessa che sono stata ( anche quelle che prenderei a parolacce), e a quelle che sarò. Il vento sul Bosforo ha un colore speciale. Ha un suo suono, un suo odore. È’ un vento che mi vuole bene, che srotola i pensieri dai miei capelli e li getta in mare, uno a uno. Istanbul mi allarga il respiro. E’ un amore.
Ritrovo ogni riga del libro che ho scritto. ‘ Istanbul. A volte un amore comincia così, con un suono. ‘Sì, ed è’ un amore che non si stanca mai. Ogni volta, all’arrivo, mi domando cosa può darmi al ora questa città in cui sono stata infinite volte.
E dopo pochissime ore, so già che anche stavolta il tempo non sarà mai abbastanza. Mai.
E già mi prende , e mi riconosce, quella nostalgia dolce che alla partenza dovrà affiancare l’idea di un nuovo ritorno.
RACCONTI DA TANGERI - CAP SPARTEL
C’è un punto in cui il mare Mediterraneo e l’Oceano Atlantico si incontrano, in cui uno scivola fra le braccia dell’altro. E in questo luogo due terre si scrutano.
La Spagna e l’Africa si bagnano nelle acque mosse dai venti e li riposano, private del peso delle frontiere. Liberate dalla gravità, si guardano senza invidia, senza ostilità. Colonialisti e colonizzati. Due universi distanti che il mare avvicina trasportando contaminazioni che viaggiano sui sapori del cibo, sulla geometria delle architetture, sulla musica che dall’Andalusia all’ Africa distende le note arabe sui suoni della terra africana. Ed è’ magia. Non più maRe, non più oceano. Non più Africa, non più Spagna. Cosa resta? Resta il mistero del luogo di mezzo.
Lo stesso che abita gli spazi bianchi fra le parole.
Pagina 2 di 16